Il pungiglione delle api: tra curiosità e miti

Oggi volevo raccontarti un po’ di curiosità sul pungiglione delle api. In particolare, volevo spiegarti come è fatto e perché un’ape (quasi sempre) muore dopo averci punto. Ma non finisce qui! Alla fine dell’articolo troverai anche una piccola sorpresa: una bellissima favola sul pungiglione delle api. Buona lettura!

Quali api hanno il pungiglione e a cosa serve

Devi sapere che non tutte le api sono dotate di pungiglione. Solo le api operaie e l’ape regina. I fuchi, maschi delle api, invece non hanno il pungiglione e quindi sono totalmente inoffensivi e incapaci di difendere la famiglia.

Sì, perché le api operaie usano il pungiglione come arma non solo per difendere sé stesse quando si sentono in pericolo, ma anche, e soprattutto, per proteggere il loro alveare da nemici, intrusi e potenziali malintenzionati. Un compito che le api operaie si assumono quando raggiungono l’età di circa 19-20 giorni (la durata media della vita di un’ape in primavera-estate è di circa 40-45 giorni).

L’ape regina, invece, che è anch’essa dotata di pungiglione, lo usa solo contro eventuali altre regine rivali e non per difendere l’alveare.

A proposito! Quasi dimenticavo … se vedi un’ape, non avere paura. Normalmente un’ape lontana dal suo alveare non è per nulla aggressiva e se disturbata semplicemente scappa via.

Le mattine d’estate, quando sono nel mio orto adiacente l’apiario, ci sono centinaia di api ed è un piacere reciproco. Lavoriamo insieme, in serenità e pace, io occupandomi delle mie verdure, e loro raccogliendo il nettare per fare miele e il polline per nutrire le giovani larve. Nel fare questo, peraltro, mi fanno un regalo enorme! Impollinano le mie colture e le rendono produttive.

Talvolta le api possono diventare un po’ nervose e di conseguenza aggressive, ma generalmente succede solo se ti trovi davanti alla porticina di accesso della loro arnia (la casetta in legno che gli apicoltori mettono loro a disposizione) oppure quando percorrono la loro “pista” per andare a bottinare. Devi sapere che le api, infatti, per andare a bottinare (si chiama così l’attività di raccolta) seguono un tragitto ben preciso, solitamente ad un’altezza di dieci metri. Su questa “pista” pare possano diventare un po’ più nervose se disturbate.

Com’è fatto il pungiglione delle api e come funziona

Il pungiglione di un’ape è formato da tre pezzi dentellati: uno stiletto e due lancette (fig.1).

Fig. 1 – La struttura del pungiglione delle api

Quando non le serve, l’ape tiene il pungiglione nascosto in una tasca interna chiamata “camera del pungiglione”.

Quando invece è il momento di pungere, l’ape estrae il pungiglione, piega verso il basso l’addome e, con un movimento deciso, infila la punta del pungiglione nel suo nemico.

Dopodiché, con una serie di movimenti velocissimi, affonda nella puntura prima la lancetta, poi lo stiletto e poi l’altra lancetta … e così via, finché il pungiglione non è entrato tutto. Essendo uncinati, infatti, mentre uno entra gli altri riescono a rimanere bloccati.

Quando il pungiglione è dentro tutto, l’ape è pronta a iniettare il veleno, prodotto grazie ad una ghiandola acida, e raccolto in una specie di serbatoio collegato al pungiglione e chiamato “borsa del veleno”.  Il veleno entra prima nel pungiglione e poi, attraverso un piccolo canale che sfocia nella punta e a ulteriori canaline laterali, viene iniettato al povero malcapitato.

Una piccola curiosità! Mentre inietta il suo veleno nel nemico, l’ape emette anche un particolare feromone di allarme chiamato “isopentil acetato”. Con questo feromone la nostra ape avvisa tutte le sorelle che si trovano lì vicino che c’è un pericolo, affinché corrano in suo aiuto.

Perché le api muoiono dopo averci punto?

La struttura dentellata del pungiglione è il motivo per cui quando un’ape punge una persona successivamente quasi sempre muore. La nostra pelle, infatti, essendo elastica trattiene gli uncini del pungiglione, che rimane incastrato dentro.

L’ape, nel disperato tentativo di estrarlo, lo strappa, e il pungiglione si tira dietro parte delle visceri dell’ape e le ghiandole del veleno (vedi foto). Questa lacerazione causerà la morte della povera ape.

Quando invece le api pungono altre api o insetti con una corazza rigida (chiamata esoscheletro) il pungiglione non rimane incastrato e l’ape riesce ad estrarlo con facilità.

Un’ultima curiosità! Ti avevo detto che anche l’ape regina è dotata di pungiglione ma che lo usa solo per combattere con altre regine. Ebbene, a differenza di quello delle operaie, il pungiglione dell’ape regina è quasi del tutto liscio e pertanto, se per caso dovesse capitare che punga una persona (succede davvero raramente!), la regina non morirà.

Le api nella mitologia e la favola del pungiglione

Le api nella mitologia greca

Lo sapevi che Zeus, dio supremo della mitologia greca che presiedeva a tutti i fenomeni atmosferici (fulmini, lampi, tuoni, pioggia, neve), si dice sia stato allevato da una capra di nome Amaltea e da Melissa, che in greco significa ape?

Zeus era il figlio di Crono – il re dei Titani – e di Rea – antica divinità della terra. Si narra che Crono, geloso e preoccupato di ritrovarsi con un rivale più forte di lui, inghiottisse tutti i suoi figli.

Sua moglie Rea, quindi, stanca ed esasperata, decise di ingannare Crono con l’aiuto della madre Gea. Avvolse in una stoffa una grossa pietra, facendo finta che si trattasse del piccolo Zeus, e la diede al marito, che la divorò immediatamente.

Il bambino, nel frattempo, fu portato a Creta e nascosto in una grotta dove la capra Amaltea gli dava latte nel suo corno per sfamarlo, mentre Melissa gli dava il miele, per addolcirlo.

Alcuni autori sostengono che Melissa, in origine, fosse un’ape mellifera, nonchè regina di tutte le api. Altri invece narrano che a nutrire Zeus furono le api di Creta e per questo motivo, nella religione ellenica, Zeus viene chiamato anche “Melisseo” (uomo – ape).

Quando Zeus crebbe e riuscì a togliere il potere al crudele padre, non dimenticò chi lo aveva aiutato. Per ringraziare Melissa decise di liberarla del suo corpo di donna mortale e di trasformarla in ape, animale sacro agli dèi.

Amaltea, che nel frattempo era diventata anziana, aveva perso un corno. Zeus lo prese e lo trasformò in un corno dell’abbondanza che si riempiva di tutto ciò di cui le ninfe che avevano aiutato Zeus desideravano, senza mai esaurirsi.

Amaltea fu anche immortalata da Zeus nel cielo nella costellazione del Capricorno.

A questo punto immagino che tu ti stia chiedendo: che c’entra con il pungiglione e col fatto che le api muoiono dopo averci punto? Beh, si racconta che, quando già era un dio, le api chiesero a Zeus di poter avere un pungiglione per difendersi dagli uomini che rubavano loro il miele. Ecco la storia originale, scritta da Esopo, scrittore vissuto tra il 620 e il 564 a.C. e famoso per le sue favole.

La favola di Esopo sul pungiglione delle api

Un giorno le api decisero di andare da Zeus per chiedergli di dare loro un pungiglione. Volevano usarlo per pizzicare tutti quelli che andavano a rubare il loro miele, di cui erano molto gelose.

Zeus, suo malgrado, le accontentò ma per punirle di quella che considerava una vera e propria cattiveria disse loro che se avessero usato il pungiglione, avrebbero pagato con la vita.

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